LA SICILIA IN UNA BORSA
Come studente di economia, il trentatreenne Ezio Lauricella era già al corrente del potenziale latente che la sua isola natia può offrire ad un aspirante imprenditore. Così, quando nel 2014 si è sentito abbastanza pronto da imbarcarsi in un primo progetto personale che potesse combinare le tradizioni e le ambizioni economiche della sua terra, ha lanciato la sua prima fashion startup eco-sostenibile, Cum Laude, che lo ha portato alla nomina dei 35 under 35 imprenditori italiani più promettenti del 2014.
Ma pensando che ciò non fosse abbastanza, che più iniziative eco-sostenibili siano necessarie nel mondo della moda, nel 2015 ha deciso di lanciare un nuovo prodotto: Tarì Rural Design, un’azienda di moda mirata alla creazione di borse di lusso fabbricate con materiali utilizzati dagli agricoltori siciliani per il lavoro giornaliero nei campi. Con l’obiettivo di dimostrare che la Sicilia può uscire dall’attuale impasse economica con le proprie risorse e combinare due campi – la moda e l’agricoltura, che in Italia rappresentano il divario tra Nord e Sud – questa nuova marca è oggi una delle poche aziende del lusso eco-sostenibile in Italia, e promette di rivoluzionare il mercato della moda.
“Esistono numerose aziende che operano in Sicilia ma hanno il problema di non saper gestire l’immagine del brand in maniera globale,” spiega Gabriella Ferrera, fondatrice di Harim, Accademia Euromediterranea di Moda e Design, con sede in Sicilia. “Ma fortunatamente con la presenza di internet le cose stanno cambiando. La Sicilia ha la fortuna di essere terra ricca di ottime materie prime; queste negli ultimi anni sono state rivisitate in chiave moda da giovani menti di talento trasformandole in tessuti usati nel settore fashion. Basti pensare che da poco molti brand di lusso hanno deciso di appoggiare il pensiero di moda sostenibile investendo su note idee imprenditoriali siciliane,” Ferrera aggiunge.
L’azienda Cum Laude di Lauricella è uno di quei progetti in cui gli investitori nel campo della moda del lusso piace scommettere. Poco dopo la sua fondazione, l’azienda ricevette una proposta di acquisizione da parte di un’azienda newyorchese, subito rifiutata in quanto ciò avrebbe significato trasferire la sede di Cum Laude al di fuori dei territori siciliani. Ma questo primo esperimento è diventato il trampolino di lancio per una carriera dedicata alla moda eco-sostenibile. “Mentre lavoravo a Cum Laude, ho notato la bravura degli artigiani siciliani, capaci di creare qualcosa di originale ed unico nel suo genere,” spiega Lauricella. Così il giovane manager ha proposto loro l’idea di creare Tarì, e ha messo su una piccola squadra dedicata al riciclaggio di piccoli pezzi di tessuto ricavati dai sacchi per la raccolta delle olive, destinati a diventare borse di lusso in edizione limitata capaci di aggiungere una forte personalità al nuovo brand Made in Sicily, Così è nato Tarì.
Abbiamo involontariamente iniziato come azienda di lusso per il tipo di materiali con cui lavoriamo. Volevamo utilizzare dei tessuti che rappresentassero l’agricoltura e il lavoro nei campi come forza motrice della nostra terra; oggi impieghiamo principalmente juta e canapa, più difficili da lavorare del cuoio e della pelle, quindi i costi di produzione sono più alti,” spiega Lauricella. “Inoltre i nostri prodotti sono spesso pezzi unici, come simbolo di contrasto con la produzione a catena frutto della globalizzazione.” Le borse sono prodotte sostenibilmente in ogni minimo dettaglio: dagli interni ricavati dai sacchi per la raccolta agricola ai ciondoli creati dai maestri ceramisti di Caltagirone, città della Sicilia orientale famosa per la produzione di ceramica.
Oggi l’azienda conta su un personale di cinque artigiani fissi, sparsi su tutto il territorio siciliano, ed alcuni collaboratori freelance. Tarì produce all’incirca 1,000 borse uniche l’anno, distribuite dai rivenditori di lusso al dettaglio e boutiques e atelier di tutta la penisola italiana. Il prossimo obiettivo è oltrepassare i confini del Paese. Angelo Ferrera, che si occupa dell’e-commerce dell’azienda, sta spingendo questa espansione verso l’estero tramite un’avanzata strategia digitale. Ferrera si occupa anche di visionare il lavoro degli artigiani, con cui sperimenta nuovi tessuti. “E’ davvero incoraggiante osservare gli sviluppi e le occasioni di scambio, imparare gli uni dagli altri,” racconta Ferrera. “Gli artigiani sono sparsi su tutta l’isola e, nonostante viaggiamo spesso per vedere il loro lavoro di persona, per essere più veloci hanno imparato a mandare video e foto delle loro creazioni utilizzando le più moderne tecnologie nonostante il divario generazionale ed un’identità siciliana radicata nel passato, una tipica contraddizione siciliana,” aggiunge. “Ciò che mi piace di questi piccoli business sostenibili a taglia d’uomo sono le relazioni umane”.
L’idea base del brand è quella di accettare la Sicilia in tutte le sue contraddizioni e comunicare un messaggio rivoluzionario di cambiamento in corso che solo la moda, una forma d’arte spesso sottovalutata, può consegnare in modo innovativo.
“Quest’azienda vuole inoltre essere un messaggio di speranza per la gioventù siciliana, che possiamo farcela anche in campi difficili come quello della moda di lusso, e che dovremmo dare maggiore valore alla nostra terra, infischiandocene dei messaggi scoraggianti della politica attuale. Se non saremo noi stessi a dar valore a questa preziosa isola del Mediterraneo, qualcun’altro sfrutterà il suo potenziale sopito al posto nostro,” conclude Lauricella.