Camilleri, "Sono cieco, ma scrivo ancora. E adesso ho più memoria"
Non si ferma Andrea Camilleri. A 92 anni arriva a "Più libri più liberi" a Roma, alla Nuvola di Fuksas, dove una folla di lettori e di fan lo aspetta e racconta: "Sono cieco, ma perdendo la vista tutti gli altri sensi si riacutizzano, vanno in soccorso. La memoria è diventata più forte, ricordo più cose di prima con molta lucidità e scrivo sempre". "E' vero -aggiunge - scrivo con un po' più di lentezza per la felicità di tutti quelli che dicono 'Camilleri scrive troppo'. Ma qual è poi la misura?". Per continuare a farlo si è inventato "un teatrino visivo mentale che lo aiuta a tenere in mente quello che ha appena dettato" spiega l'autore di Montalbano di cui è appena arrivato in libreria 'Un mese con Montalbano', riedizione Sellerio che si è ripresa il titolo Mondadori e 'La rete di protezione' (Sellerio), "il primo romanzo da cieco" spiega lo scrittore. In un lungo dialogo con Marino Sinibaldi, che ha chiuso questa edizione dei record, molti non sono riusciti ad entrare nella Sala Nuvola per ascoltarlo e non sono mancate le proteste. Con grande generosità l'autore di Montalbano ha raccontato i suoi esordi e il work in progress che è stata la sua scrittura. "Se ho pubblicato da vecchio non è stata colpa mia, ma degli editori. Nel '68 avevo finito di scrivere il mio primo romanzo e ho cominciato a mandarlo a tutti gli editori e non ce ne è stato uno che non lo abbia rifiutato, alcuni motivandolo. Tutta la storia è durata 10 anni. Ecco perché ho cominciato tardi. Non lo avevo mandato a Sellerio perché allora non esisteva", ha spiegato. A Elvira Sellerio, che sarebbe diventata sua amica, aveva dato però quello che dovrebbe essere il suo ultimo Montalbano, scritto a 80 anni. "Lei lo mise in un cassetto della casa editrice e da qui è nata la leggenda che fosse in cassaforte. Ora lo ho rivisto, si chiama Riccardino" racconta. Camilleri ripercorre anche le contestazioni iniziali alla sua lingua, un mix di dialetto e italiano, il vigatese, e la definisce un work in progress. "L'italiano mi diventava generico, le sfumature mi mancavano. E allora ho usato una specie di shaker e, a poco a poco, ho cercato ambiziosamente di creare una terza lingua che fosse tutta mia e il risultato di questa commistione. Per noi siciliani l'italiano è rimasto un atto notarile" dice tra gli applausi. E questa lingua ha ricevuto "la comprensione di milioni di lettori. E' successo questo miracolo" dice e alla fine dell'incontro si alza e saluta con la mano il suo grande, affezionato pubblico.