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Cosa significa vivere in Venezuela oggi: politici e prigionieri politici raccontano la loro storia


Il Premio Sacharov 2017 è stato assegnato all’opposizione venezuelana. Il riconoscimento, istituito dal Parlamento europeo nel 1988, viene assegnato ogni anno a personalità od organizzazioni che “abbiano contribuito in modo eccezionale alla lotta per i diritti umani in tutto il mondo”.

Nel suo viaggio in Venezuela Alberto De Filippis ha incontrato esponenti dell’opposizione e rappresentanti del Foro Penal – l’associazione di avvocati che difende i prigionieri politici – e ha avuto modo di parlare con Skarlyn Duarte, arrestata e tenuta in prigione per quasi tre anni a causa di alcuni tweet contro il governo Maduro. Ramón Guillermo Aveledo, ex segretario generale di Unità Democratica (MUD), ha parlato con euronews della situazione attuale in Venezuela.

Alberto de Filippis, euronews: Qual è la situazione dei diritti umani? Ramón Guillermo Aveledo: Le violazioni stanno aumentando, non solo per quanto riguarda il rischio di vita o la libertà di parola, ma anche per quanto riguarda il diritto alla salute, altro punto fondamentale: questo rapporto scritto dall’Assemblea delle risorse umane in Parlamento dice molto, in questo grafico vediamo come gli omicidi siano in aumento, abbiamo molti problemi diversi legati alle violazioni dei diritti umani in questo Paese, e tutti in aumento.

Qual è il significato del Premio Sacharov per l’opposizione politica venezuelana? Significa molto per noi e per le persone venezuelane, il Premio Sacharov esiste dal 1988, i vincitori sono una lista di combattenti per i diritti umani e la libertà sociale e questo significa molto, per non parlare del fatto che solo in cinque occasioni il popolo latinoamericano è stato premiato, ciò mostra anche quanto sia preoccupata l’Europa per lo stato delle cose in Venezuela: vorrei anche sottolineare che questa è la prima volta nella storia di questo riconoscimento che viene premiata un’istituzione pubblica come un Parlamento, normalmente si premiano persone singole e organi di stampa, è un dato importante perché mostra che all’interno dello stato venezuelano c‘è una lotta tra chi protegge i diritti umani e la libertà e chi li attacca, mostra che le persone venezuelane combattono per la loro libertà.

Negli ultimi giorni, il Governo venezuelano ha detto che “non ci sarà dialogo, a meno che Washington non faccia cadere le sanzioni”: non è chiaro cosa abbiano a che fare le sanzioni statunitensi con il dialogo politico tra venezuelani. Non hanno niente in comune, come è successo con altre dittature il nostro Governo vuole dare l’idea convincere che non esista uno scontro tra il potere e il suo popolo, ma un confronto tra il Venezuela e altri Paesi, perché il Venezuela deve rispettare il diritto internazionale, i diritti umani: questo è il motivo per cui ci sono sanzioni contro i politici o il governo venezulano, i chavisti, che dovevano assumersi la responsabilità per non aver rispettato i diritti umani, vogliono dimostrare che queste sanzioni sono invece contro i venezuelani; le sanzioni sono nei confronti di determinati dipendenti pubblici, membri del Governo: ciò che il Governo sta cercando di fare è avvolgersi nella bandiera nazionale per scaricare le responsabilità, vogliono confondere interessi personali con l’interesse delle persone venezuelane, questo è un vecchio trucco che è sempre stato usato dalle dittature”.

Crede che un’amnistia politica per alcuni chavisti contribuirà ad avviare un vero dialogo e una transizione democratica? Dobbiamo tentare ogni possibilità che politica o diritti non possano offrire, dobbiamo percorrere ogni possibile strada per trovare una soluzione, la cosa più importante è risparmiare sofferenza alle persone venezuelane: alcuni parlano con imprudenza del fatto che un’invasione straniera potrebbe essere la soluzione o sperare in una guerra civile, questo significherebbe solo aggravare la situazione, usando la forza non si risolve granché, tuttavia anche sprofondare nelle difficoltà spaventa, proprio l’uso della forza da parte del Governo è la causa della sofferenza che stiamo vivendo, ecco perché dobbiamo esaminare le possibilità offerte dalla politica, se raggiungeremo il cambiamento di cui abbiamo bisogno e una transizione politica attraverso un percorso pacifico, sarà una grande cosa”.

Il governo venezuelano non riconosce l’esistenza di prigionieri politici. Le persone in prigione per motivi politici o disobbedienza civile sono accusate di terrorismo. Difenderle in tribunale può essere estremamente pericoloso, con conseguenze che rischiano di ripercuotersi anche sulla vita privata degli avvocati.

La crisi nel paese è però arrivata a un livello tale che le persone sembrano aver perso ogni timore: sono sempre di più coloro che sostengono e aiutano i prigionieri politici. Le cifre relative alle persone in carcere per il loro attivismo politico variano in continuazione. Secondo l’opposizione nel paese sarebbero più di 600 le persone arrestate e perseguite arbitrariamente.

Tra queste ci sono politici ma anche comuni cittadini che hanno espresso il loro dissenso nei confronti del governo. E’ per questo che abbiamo parlato con Gonzalo Himiob, fondatore del Foro Penal, un gruppo di avvocati e volontari che rappresenta i prigionieri politici. Vogliamo capire cosa significa essere un prigioniero politico in Venzuela.

Alberto: Chi sono i prigionieri politici per il Foro Penal? Esiste una definizione? Gonzalo Himiob: Ci sono tre categorie. La prima è formata da quelle persone che, per quello che rappresentano a livello individuale, diventano vittime di un processo di criminalizzazione da parte del governo in modo da potere essere “neutralizzate” come potenziali leader politici. In questa categoria rientrano i personaggi più conosciuti: Leopoldo Lopez, Antonio Ledezma, Daniel Ceballo e così via. Sono persone che rappresentano un rischio per il potere, sono dei simboli ed è per questo che il potere vuole neutralizzarli perseguendoli ingiustamente.

Nella seconda categoria ci sono persone poco conosciute a livello individuale, che non hanno un grande richiamo mediatico ma che appartengono a un gruppo specifico che il potere vuole neutralizzare. Per esempio studenti, giornalisti o giudici. Il caso di Maria Lourdes Afiuni è emblematico di questa seconda categoria. Non è stata arrestata per quello che rappresenta a livello individuale, ma per mandare un messaggio alla categoria che rappresenta, quella dei giudici. Vale a dire: questa è la fine che fate se combattete il potere.

La terza categoria è formata da quelli che noi chiamiamo prigionieri della propaganda. Ogni volta che il potere vuole giustificare una narrativa ufficiale, una verità – tra virgolette – ufficiale a proposito di un fatto avvenuto nel paese, utilizza la criminalizzazione di determinate persone in modo da rafforzare questa narrativa e rafforzare la propaganda. Per esempio, quando il potere dice che c‘è una guerra economica fa arrestare alcuni commercianti. Perché? Per fare in modo che siano loro ad essere considerati i responsabili della crisi e non il governo. Proiettano le loro responsabilità sui cittadini. E’ successo molto volte. E’ successo con gli agenti immobiliari, banchieri e lavoratori degli uffici di cambio. E’ successo con medici, farmacisiti e anche con i fornai quando non si trovava il pane. Il governo ha fatto arrestare alcuni fornai per giustificare la sua narrativa e far credere che i cattivi fossero loro. Il governo li ha criminalizzati ed ha evitato di prendersi qualsiasi responsabilità per la crisi economica che stiamo vivendo.

C‘è una domanda che le devo fare. Ogni prigioniero vuole essere libero: quanto può essere dannoso per il Foro Penal quello che ha fatto Antonio Ledezma? In termini generali un prigioniero politico che fugge dalla giustizia in Venezuela senza commettere alcuna violenza non sta commettendo un crimine. E’ qualcosa di accettato. Ogni volta che succede ci preoccupiamo per chi non è fuggito. E’ qualcosa di simile a quello che accade con gli ostaggi: quando uno di loro riesce a fuggire a pagarne le conseguenze non è chi scappa, ma quelli che non riescono a farlo. E’ quanto accaduto con Leopoldo Lopez e Daniel Ceballo: hanno inasprito le misure restrittive nei loro confronti, gli hanno messo dei braccialetti elettronici e hanno limitato le visite. Sono queste le cose che ci preoccupano. In aggiunta a tutto questo per agli avvocati difensori diventa più difficile convincere i giudici ad alleviare le misure nei confronti dei nostri clienti. Per esempio fargli ottenere la libertà condizionale. Il potere pensa: “Se ti concediamo la libertà condizionale e subito dopo scappi a me non conviene perché non posso continuare a usarti come moneta di scambio”. Tutto questo complica il nostro compito, ma quando sei un prigioniero detenuto arbitrariamente per motivi politici è tuo diritto provare ad evadere, è tuo diritto provare a recuperare la libertà.

Skarlyn Duarte è stata arrestata per alcuni tweet contro il governo. Ha passato quasi tre anni in prigione. Un periodo durante il quadre ha perso il padre, ma il giudice non le ha consentito di partecipare al funerale.

Siamo andati a trovarla a casa sua e ci ha parlato della sua esperienza. E’ ancora in attesa di una sentenza e non può lasciare il paese. Se andasse all’aeroporto potrebbe essere arrestata di nuovo.

Cosa è successo il giorno della tua liberazione? Skarlyn Duarte: E’ come se fossi rinata, la libertà non ha prezzo. Nessuno ne comprende il valore finché non la perde. Quello che rimpiango di più è di non avere potuto abbracciare mio padre. Ha combattuto tanto perché fossi liberata ed è morto mentre ero in prigione. E’ stato un momento molto toccante,

Tuo padre e morto e non ti hanno lasciata andare al funerale? Sì. Ero in prigione quando è morto. Non l’ho potuto vedere, non gli ho potuto dire addio. Non mi hanno permesso di uscire.

Puoi raccontarci quello che ti è successo? Nel 2014 ho scritto dei tweet in cui parlavo di alcuni politici e loro non l’hanno apprezzato. Così, più o meno sei mesi dopo, una decina di agenti dei servizi segreti sono venuti a casa mia per un’ispezione. Avevano un mandato e hanno perquisito l’abitazione. Non mi hanno detto perché. Non riuscivo a capirne il motivo, anche perché quei tweet erano vecchi. Cercavano computer e portatili, poi mi hanno detto che sarei dovuta andare via con loro perché volevano interrogarmi.

Sono uscita di casa più o meno alle tre e mezza del pomeriggio, quando siamo arrivati nella sede dei servizi segreti hanno cominciato a interrogarmi ma ancora non riuscivo a capire perché fossi lì, loro non mi dicevano niente. Dopo un po’ ci sono arrivata, hanno continuato a farmi domande ma ho negato tutte le accuse. Si è fatta notte, mi hanno detto che i miei genitori mi aspettavano fuori. Hanno continuato a farmi un sacco di domande, non mi ricordo esattamente quali. Quindi mi hanno lasciata andare, ma mi hanno detto che avrebbero continuato le loro indagini.

Un mese dopo mi hanno chiamato a casa dicendomi di andare alla stazione di polizia per riprendere un po’ del materiale che avevano confiscato durante la perquisizione. Ho pensato semplicemente che mi avrebbero ridato le mie cose. Invece hanno cominciato a farmi altre domande su quei tweet. Così gli chiesto per quale motivo fossi lì, se mi avevano chiamato davvero per ridarmi le mie cose. A quel punto ho capito che era una trappola e volevano arrestarmi.

Ma di cosa eri accusata? Mi accusavano di spionaggio informatico e accesso indebito o sabotaggio. Poi anche di istigazione all’odio e oltraggio a pubblico ufficiale. Erano questi i quattro capi d’accusa.

Dopo tutto questo qual è stata la sentenza? Hanno rinviato il mio processo per 27 volte. Non ho mai partecipato ad un’udienza preliminare.

Ma sei stata condannata? No. Ancora oggi continuo ad andare in tribunale e rinviano l’udienza tenendomi in libertà.

Sei una normale cittadina. Cosa pensi del dialogo tra il governo e l’opposizione in questo momento? La mia opinione è che si tratti di un dialogo inutile perché il governo vuole imporsi sulla controparte. Non credo che troveranno un accordo, le cose non cambieranno. Non ha senso sprecare tempo e parole in qualcosa che non darà alcun risultato.


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